Professioni, titoli, qualifiche:
- docente universitario, 1860 - 1880
- magistrato
- senatore, 1889 - 1933
Intestazioni:
- Ellero, Pietro, docente universitario, magistrato, senatore, (Cordenons 1833 - Roma 1933), SIUSA
Descrizione:
Pietro Ellero nacque a Cordenons in Friuli-Venezia Giulia l’8 ottobre 1833 da Sebastiano Ellero e Anna Poletti Ellero. Iscrittosi all'Università di Padova nel 1851, ne seguì con profitto i corsi politico-legali, accostandovi, negli anni 1857-1858, anche studi di storia e di numismatica.Dall'ottobre 1855 fu per alcuni mesi praticante presso l’Imperial regio Tribunale provinciale di Venezia, per poi, dall’aprile 1856, ricoprire il ruolo di funzionario, in qualità di «ascoltante», presso il Tribunale provinciale di Udine. Nel marzo dell’anno successivo, abbandonò tale incarico per conseguire il titolo di dottore in legge il 23 dicembre 1858.
Nello stesso anno diede alle stampe la sua tesi di laurea dal titolo «Della pena capitale», con la quale, controcorrente rispetto alle concezioni diffuse nei paese europei che continuavano a prevederla, esponeva le ragioni giuridiche e filosofiche dell’ingiustizia dell’istituto della pena capitale e si interrogava sulla sua efficacia deterrente. La sua fama rimarrà legata principalmente all’intenso attivismo in favore dell’abolizionismo.
Nel clima di ribellione precedente all’unificazione italiana, il governo del Regno Lombardo Veneto, intravedendo il potenziale eversivo dell’opera, avviò contro di lui un'indagine per turbamento della pubblica tranquillità e ne bloccò la diffusione. Il procedimento verrà chiuso nel settembre del 1859 «per ossequia volontà sovrana», senza dare luogo a sentenza; il pamphlet poté così apparire nel 1860 in una seconda edizione veneziana, che gli valse una medaglia d’oro del Re di Sardegna. Nel 1860, di fatto, dopo aver fatto giuramento, Ellero ottenne la cittadinanza dello Stato sardo, con lo svincolo dalla sudditanza austriaca e l'autorizzazione a emigrare.
Parallelamente, iniziò la sua carriera accademica: respinto dallo Studio politico legale di Padova, dove aveva presentato istanza per ottenere la privata docenza di Diritto penale, venne chiamato a Milano per insegnare Filosofia del diritto presso l’Accademia scientifico-letteraria. L’anno successivo, fu chiamato dall'Università di Bologna: qui trascorse tutta la propria carriera accademica, prima come professore straordinario di Diritto e procedura penale e poi come ordinario, e dove, fra i molti, ebbe per allievi Enrico Ferri, Leonida Bissolati, Giacomo Matteotti e Filippo Turati.
Nel 1861 fondò il «Giornale per l’abolizione della pena di morte», che diresse fino alla sua chiusura, e nel contesto del quale riuscì a coinvolgere numerosi penalisti e pensatori italiani e stranieri, tra i quali Francesco Carrara, Enrico Pessina, Karl Joseph Anton Mittermaier e Arnould Bonneville de Marsangy. A questi anni risalgono molti dei suoi scritti di argomento penalistico, pubblicati nella rivista e poi riuniti nelle raccolte «Scritti criminali» (1974) e «Trattati criminali» (1875).
Nel settembre del 1864, Ellero sposò Maria Deciani, più giovane di lui di dodici anni, da cui ebbe una figlia, Alma.
Il 13 marzo del 1865 la Camera dei Deputati votò a larga maggioranza in favore dell’abrogazione della pena di morte: lo scopo finale del giornale sembrava essere stato raggiunto. Tuttavia, il 22 aprile successivo il Senato rovesciò la scelta. L’8 maggio, Ellero decise di chiudere la rivista.
Nel 1866 venne eletto deputato per il collegio di Pordenone, Aviano e Sacile, dopo una battaglia elettorale che gli procurò non poche delusioni. Il mandato parlamentare fu assai breve, ma fu seguito immediatamente da una seconda elezione per la quale Ellero riconfermò il programma politico dell'anno precedente, giovandosi del pubblico appoggio del generale Garibaldi.
Nel 1868 fondò una nuova rivista, l’«Archivio giuridico», la quale si poneva in ideale continuità con il precedente Giornale, ma rispondeva a una diversa esigenza: contribuire allo sviluppo dei diversi rami del giovanissimo diritto italiano. I codici unitari, da poco in vigore, recavano l’impronta franco-piemontese. La rivista si proponeva come l’occasione per la scienza giuridica di collaborare alla crescita della nazione, presentandosi come uno «strumento culturale di educazione giuridica».
Questo secondo progetto avrà una storia lunga e prestigiosa, anche se, in seguito alla morte della moglie, avvenuta nel marzo del 1869, dopo soli cinque anni di matrimonio, Ellero ne cedette la direzione al collega Filippo Serafini. Lo stesso anno si dimise anche dalla carica di deputato.
A questo momento si può verosimilmente far risalire la scelta di dedicarsi agli studi storici e sociologici e la decisione di tenere un corso gratuito di Storia dei trattati, rivendicando l’interesse giovanile per la storia universale. A questi anni risale anche la stesura di diversi saggi, quali «La questione sociale» (1874) e «La tirannide borghese» (1878), e più tardi «La riforma civile» (1879), che contribuirono a consolidare la sua posizione di stimato penalista anche a livello internazionale.
Dopo ben diciannove anni di insegnamento a Bologna, non senza nascosti propositi di trasferimento (a Padova nel 1869 e a Roma nel 1870-1872), «per ragioni gravi e irresistibili e sopra tutto ragioni di salute», che non vennero però mai realizzati, ottenne nel 1880 il conferimento del titolo di professore emerito. Cominciò così per Ellero una nuova fase della sua vita professionale a Roma come consigliere dapprima alla Corte di Cassazione poi, nel 1890, al Consiglio di Stato, come membro della II sezione Grazia e Giustizia e, per qualche mese, anche nella IV sezione.
Nel 1882, dopo una lunga e sofferta vedovanza, sposò Anna Damiani e affiancò al lavoro di magistrato lo studio e la stesura di nuovi scritti, quali «La sovranità popolare» (Bologna, 1886).
Seppure la sua carriera politica fu breve e tormentata, non rimase per molto lontano dal Parlamento: dopo un'infruttuosa candidatura nel 1883 nella II circoscrizione provinciale di Padova, nel gennaio del 1889 venne nominato Senatore del Regno, con la facoltà di mantenere titolo onorifico, dignità e trattamenti spettanti ai Consiglieri di Stato. Lo stesso anno, con l’approvazione del Codice penale del Regno d’Italia – comunemente noto con il nome dell’allora Ministro della giustizia, Giuseppe Zanardelli, che ne promosse l’approvazione – alla cui stesura Ellero collaborò attivamente, l’istituto della pena capitale venne abolito.
Nel gennaio 1900 ottenne il pensionamento e l’anno successivo diede alle stampe «L’eclissi dell’idealità». Mentre egli già lamentava la dolorosa indifferenza e noncuranza del mondo civile, politico e culturale verso i suoi scritti, nel 1928 l'Università di Bologna inaugurò un busto con targa commemorativa in suo onore, collocato nel corridoio che fiancheggia l’aula VI del palazzo di via Zamboni 33, dove si tenevano le lezioni di Diritto e procedura penale.
Negli anni fu costantemente in collaborazione con numerose commissioni legislative, tra cui quella per la stesura del trattato di pace con l’Austria, per il riordinamento degli studi di giurisprudenza; per il progetto di legge sull’estradizione e, soprattutto, quella per l’elaborazione, revisione e modifica del progetto di Codice penale per il Regno d'Italia, al cui iter egli contribuì sin dal primo avvio. Il suo nome compare puntuale tra quelli dei principali protagonisti e artefici della lunga vicenda legislativa, chiamati ripetutamente a raccolta nel corso degli anni a guidarne gli sviluppi dal vertice del Ministero di grazia e giustizia.
Morì a Roma, quasi centenario, il 31 gennaio del 1933.
Collegamenti:
- C. VANO, Ellero, Pietro - Voce in Dizionario biografico degli italiani online
- G. DE ANNA, Ellero Pietro - Voce in Dizionario biografico dei friulani online
Soggetti produttori collegati:
- Brini Giuseppe, collegato
Complessi archivistici:
- Ellero Pietro , 1840 - 1934 (fondo)
Redazione e revisione:
- Spinali Giorgia, 2025/05/05, prima redazione
Bibliografia:
- E. D'AMICO, Ellero, Pietro, in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo), I, Bologna: Il Mulino, 2013, pp. 792-794.